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lunedì, novembre 02, 2020

2 NOVEMBRE

 Il giorno dei morti che mi ricordo...

era un giorno importante a casa mia, mio papà ci ha lasciati quando io ero piccola e perciò quella giornata era come il compleanno di papà.
Tutti i fine settimana andavamo a cambiargli i fiori ma il 2 novembre era diverso e così è stato per tanti anni.
In quel periodo (1962) il 2novembre le scuole erano chiuse e perciò mi alzavo e coi miei fratelli e mia mamma, tutti vestiti bene e col cappotto perché in quei giorni qui in Brianza, mi ricordo che c’era sempre la nebbia, uscivamo per andare a prendere il pullman, il numero 3, scesi dal bus che era strapieno, fuori dai cancelli acquistavamo i fiori e a me che ero la più piccola era riservato l’onore di camminare tenendo il mazzo.
Il tragitto all’interno del cimitero era un po’ lungo e ogni tanto il mio braccio cedeva e allora la mamma interrompeva il rosario tutto in latino, per dirmi di tenere i fiori belli diritti.
E io alzavo un po’ il braccio e orgogliosamente camminavo col mio cappotto di colore verde militare che allora pensavo fosse nuovo.
In realtà il cappotto che in origine era grigio scuro, era il cappotto di mio papà che poi la mamma aveva rivoltato ed ecco il colore verde, e sistemato per mia sorella e poi dopo un po’ di anni, risistemato ancora per me, ma il mio aveva come abbellimento un piccolissimo colletto di pelliccia grigia.
Comunque ad un certo punto, con le dita delle mani gelide e la punta del naso gelatissima, arrivavamo dal papà.
Lì i compiti si dividevano, io continuavo a tenere i fiori, mio fratello andava a prendere l’acqua, mia sorella saliva sulla scaletta, perché il papà era nella terza fila dei colombari, prendeva il vaso poi scendeva e saliva la mamma che togliendo dalla borsa stracci e cera, cominciava a pulire tutto lo spazio quadrato dedicato a Federico, il mio papà.
Si toglievano i fiori vecchi e si mettevano i fiori nuovi e poi si sistemava tutto.
Tra i fiori vecchi si scelgono i più belli per portarli a qualche tomba abbandonata.
Dopo altre preghiere, iniziava il giro dei parenti, nonni, zii, amici ecc ecc.
Tornati a casa, un piatto di brodo caldo ci rimetteva in sesto e il pomeriggio passava tranquillo fino verso le 16.00 quando la mamma cominciava a fare il taglietto alle castagne che diventavano caldarroste, momenti di gioia intensa per noi.
Allora in cucina avevamo la stufa economica e dopo averla pulita ben bene, si appoggiavano i frutti e si muovevano ogni tanto con il “rampino” fino a quando erano cotti.
Poi si mettevano per un po’ in uno straccio di lana e quindi le gustavano in quattro ma credendo di essere in cinque.
Oggi mi è venuto questo ricordo, importante, delicato, familiare ed essenziale per gli anni che poi sono venuti e così bello da essere condiviso con voi.



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